Tutti a tavola! Il pasto in Famiglia e a Scuola come momento di Cura e Autonomia
A cura di Dott.ssa Marisol Trematore, Pedagogista, Formatrice e Counselor Relazionale
Il pasto è nutrimento, non solo fisiologico ma anche (e soprattutto) affettivo. È un momento fortemente caratterizzato dalla CURA: nutrirsi e nutrire significa “prendersi cura di sé e prendersi cura dell’altro/a».
Ti sei mai chiesto/a come genitore o come educatore/educatrice:
“Cos’e’ che caratterizza il momento del pasto per me? Che importanza ha nella mia quotidianità?
Che valore ha per la mia famiglia? Che valore ha per i bambini e le bambine di cui mi prendo cura?”
Sono domande rilevanti che possono aiutarci a comprendere maggiormente come intendiamo vivere e far vivere questa routine e tutto ciò che la accompagna, nella nostra quotidianità.
Il pasto come momento conviviale e di condivisione
Mentre nutriamo il nostro corpo viviamo sensazioni di piacere legate ai sensi (gusto, olfatto, vista, tatto, udito), al dialogo, alla comunicazione.
A tavola ci esprimiamo, ci raccontiamo, ci ritroviamo.
E’ una routine importante, sia in famiglia che nei luoghi educativi, perché educa i bambini e le bambine ad avere rispetto di sé, del proprio corpo, del cibo e ad intraprendere buone e sane abitudini alimentari.
Cos’è che può rendere piacevole il pasto in famiglia o in una qualsiasi altra agenzia educativa?
Ho cercato di sintetizzare qui alcuni principi che possono aiutarci non solo a riflettere, ma ad avere anche qualche strategia in più che potrebbe rivelarsi utile. Vediamoli insieme:
- Autonomia
- Fiducia
- Consapevolezza
- Tempi e Regole
- Sperimentazione - Familiarizzazione
- Stile Alimentare Sano
- Modelling Adulto
AUTONOMIA
Cosa significa puntare sull’autonomia e rendere bambini e bambine «protagonistə» di ciò che stanno vivendo durante un pranzo, una cena, una merenda? Posso mangiare da solo/a, tagliare, sbucciare, versarmi l’acqua autonomamente, aiutare ad apparecchiare, per esempio.
Certo, per ognuna di queste abilità va sempre considerata l’età del bambino o della bambina e le sue competenze, ma spesso, anche laddove sono già presenti, siamo noi adulti a limitarle o a far si che non le sperimentino. E perchè lo facciamo? Per comodità? O forse perché pensiamo che non siano sufficientemente capaci?
Fermiamoci ogni tanto ad osservarli, lasciamoli provare e scopriremo davvero quante capacità hanno già maturato per essere autonomə, per fare da solə, senza il nostro continuo intervento.
Un aspetto che può sostenere le autonomie e aiutare i bambinə a vivere serenamente il momento del pasto è il coinvolgimento. Coinvolgerli, ad esempio, nella preparazione del pranzo, della cena o della colazione, cucinando insieme, oppure nella scelta della spesa quando prepariamo la lista a casa. Possiamo anche creare insieme a loro un calendario con disegnati i cibi della settimana, dei menu illustrati o la piramide alimentare.
Tutto questo aiuta non solo nel sentirsi soggetti attivi, ma altresì ad acquisire nuove conoscenze utili a coltivare una buona relazione con il cibo.
Anche la capacità di scelta ha un suo valore: imparare a decidere significa essere autonomi e capaci.
Quali e quante possibilità di scelta lasciamo ai nostri bambinə rispetto al mangiare? Come in tutte le altre situazioni o routine educative, dovrebbe essere il genitore che decide quali alternative offrire perché è l’adulto la “guida”, che sa cosa è bene per il proprio bambino o la propria bambina: dare 2-3 alternative di scelta (ad es. “oggi preferisci mangiare il riso o le penne? L’uovo o la mozzarella?...), fornendo così dei limiti chiari entro i quali i bambinə possono scegliere autonomamente, ma sentendosi rassicurati.
Sempre riguardo all’autonomia possiamo interrogarci sugli utensili che usiamo a tavola e su quelli che lasciamo usare loro (ad esempio: posate in acciaio, piatti in ceramica, bicchieri di vetro…). Anche questa è una scelta, per niente banale, che influisce sulle capacità dei bambinə: pensiamo a quanto sia diverso mangiare un alimento con il cucchiaino di plastica rispetto a quello di metallo o addirittura con una forchetta, o a come sia ben differente bere da un biberon, da un bicchiere di plastica, rispetto a quello di vetro.
Ci sono tutta una serie di abilità e di stimoli sensoriali che si attivano in base ai materiali, alle consistenze, al peso, all’odore o al sapore che hanno gli strumenti che adottiamo. Anche in questo caso va fatta una valutazione basata sull’età e sulle competenze di ciascun bambino/a, tuttavia va tenuto in considerazione che tendenzialmente, sin dal periodo dello svezzamento, i bambinə posseggono attitudini per poter far uso di quasi tutti gli utensili che noi talvolta, erroneamente, riteniamo essere “da grandi”.
Ricordiamoci inoltre l’importanza delle parole: chiamiamo le pietanze con il loro vero nome o con altri vocaboli? (Come ad es. “pappa”, “pappina”, “ciccia”, “bombo”, “formaggino” e altri vezzeggiativi o sinonimi vari…). Fin da quando i bambinə si stanno svezzando, hanno diritto di avvicinarsi e di conoscere il cibo con autenticità e su un piano reale, ovvero apprendendone i termini corretti. Non hanno bisogno di “traduzioni” infantilizzate, che sottendono un’idea di bambino non in grado di comprendere. Ecco allora che la parola “pappa” sarà sostituita da “pasta, minestra, vellutata, pollo, carota” o da qualsiasi altro termine di alimento che stiamo proponendo. Anche il tipo di comunicazione assume una certa rilevanza nella relazione con il cibo, nelle autonomie e nel modo con cui si vive la routine del pasto.
FIDUCIA
La riflessione sul tipo di comunicazione che adottiamo noi adulti, si lega perfettamente al tema della fiducia, ovvero a quanto siamo disposti come genitori ed educatori/educatrici a fidarci dei bambinə che educhiamo.
Essi possiedono, fin dalla nascita, un’autoregolazione fisiologica che aiuta il corpo ad autoregolarsi e a cogliere quindi i segnali biologici interni di fame, sazietà, sete. Segnali che imparano gradualmente ad ascoltare, riconoscere e rispettare grazie all’accompagnamento di un adulto che trasmette fiducia e sicurezza.
In questo senso dovremmo sempre cercare di evitare di usare il cibo come premio o punizione:
«Se mangi tutta la verdura, allora poi ti do la cioccolata… Se non mangi la pasta poi non ti do il gelato… Solo se finisci la frittata poi mangi il pane… ».
Proviamo a liberarci da minacce o promesse, per non far si che il cibo venga associato al giudizio e quindi a qualcosa di giusto o sbagliato.
Tentiamo di rispettare scelte e gusti: è importante proporre sempre tutti gli alimenti sani, ma senza forzarne l’assunzione. Anche «nascondere o camuffare» certi cibi, mescolandoli ad altri, non aiuta a promuovere una buona educazione alimentare, ma piuttosto una perdita di fiducia del bambino/a nei confronti del genitore/educatore.
Alleniamoci ad evitare frasi come: “Brava/o hai mangiato tutto!”. I bambinə non sono ‘bravə’ perché mangiano tutto: se mangiano vuol dire che hanno fame e gradiscono quanto è stato proposto. Sarebbe forse meglio rinforzarli con un “Hai mangiato tutto, avevi proprio fame!”, oppure “Vedo che oggi il riso ti è proprio piaciuto!”
Un altro aspetto che consolida la fiducia e l’alleanza tra adulto-bambino e tra bambino-cibo è quello di liberarsi dai paragoni, che talvolta facciamo anche inconsapevolmente:
“Guarda tua sorella, che brava… ha mangiato tutto… Il tuo amico Francesco è più bravo di te perché mangia sempre le carote!”
Il rischio è che poi il/la bambino/a mangi non perché ha fame e il cibo è di suo gusto, ma per compiacere la mamma, il papà o l’educatore/educatrice.
CONSAPEVOLEZZA
Durante il pasto, come in qualsiasi altra routine, e’ importante che ci si concentri e si sia consapevoli di quello che si sta facendo. Si, come pedagogista so che posso risultare ridondante su questo tema, come centinaia di altri colleghə in questa precisa fase storica, ma è mio e nostro dovere etico continuare a ricordarlo: distrazioni come tablet, smartphone, giochi vari, sarebbero da evitare quando si è a tavola (e non solamente a tavola…).
Quanto è efficace soddisfare tutti i desideri, purché mangi, stia tranquillo/a, non pianga?
Sono questi atteggiamenti a determinare maggiormente lo scarso interesse al cibo e la disattenzione verso ciò che sta accadendo «in quel momento». Ci sono bambinə oggi che non si accorgono nemmeno di ciò che stanno mettendo in bocca, tutti presə e concentrati dallo schermo, mentre ingurgitano cibo, spesso anche imboccati da uno dei due genitori.
Come possono soffermarsi a percepire il gusto, la consistenza, il profumo, ad apprezzare il colore di quello che hanno nel piatto? Il rischio è che qualsiasi cibo vada bene, purchè “riempia” lo stomaco. Ma mangiare non è “riempirsi”, come ben sappiamo e per tutte le riflessioni riportate finora.
I nostri bambini hanno diritto ed estremamente bisogno di “essere presenti, di esserci”, di “percepirsi”, di “fare esperienze” sensoriali reali.
Ma come possono soddisfare questi bisogni evolutivi se vengono trasportati in mondi virtuali lontani da ciò che sta accadendo nel qui e ora? E si, so quanto possa essere difficile cambiare un’abitudine, magari consolidata da tempo, come quella di guardare uno schermo durante la cena, soprattutto perché i device creano dipendenza, ma come adulti abbiamo il dovere di “educare” ed educare significa anche questo. Le abitudini possono essere cambiate, con nuove routine, con impegno e una buona dose di autorevolezza, sostenuta dalla convinzione di fare del bene ai propri figli.
TEMPI E REGOLE
Quando parliamo di routine, non possiamo non pensare alla loro valenza e a quanto sia necessario in quella del pasto stabilire dei tempi e delle regole «sociali» condivise in famiglia, così come a scuola, al nido o in altre agenzie educative:
- Dove si mangia;
- Come (con quali modalità);
- Quali comportamenti possiamo adottare o non adottare a tavola;
- Quando alzarsi da tavola ed in che modo aiutare a rassettare;
… tenendo sempre in considerazione l’età, le competenze del bambino/a e l’aspetto del «piacere».
Ad esempio, scegliere di mangiare possibilmente tuttə insieme e più o meno sempre alla stessa ora, è una buona regola familiare che può rendere i pasti più piacevoli, cosa che a scuola si fa normalmente, ma che a casa invece non è scontata. Spesso i genitori, nelle consulenze pedagogiche, mi raccontano di avere difficoltà per la cena o nei pasti durante il weekend perché scelgono di far mangiare i bambinə presto e molto prima rispetto a loro.
E anche se la scelta viene fatta per andare incontro alle esigenze dei piccolə di casa, poi capita che la sera diventi un momento difficile e faticoso per tuttə. Ci si perde la possibilità di vivere quel momento conviviale e di ritrovo familiare, che sarebbe invece importante (non solo per l’aspetto della socialità, ma anche per le autonomie). Ecco allora che si può provare a trovare la giusta mediazione: allungare un pochino i tempi della cena dei bambinə, magari ritardando anche la merenda pomeridiana e anticipare quelli degli adulti, per riuscire a mangiare insieme, fin dal primo anno di vita.
“Quanto tempo dovrebbe stare seduto/a a tavola mio/a figlio/a?”
Altra domanda che mamme e papà mi rivolgono spesso. Non c’è una risposta univoca perché, come mi piace sottolineare sempre, ogni bambino/a è diverso/a, così come lo è ogni famiglia, con le proprie abitudini e i propri ritmi. Detto questo, un bambino o una bambina già a 2 anni ha la capacità di stare a tavola serenamente anche per una buona mezz’ora (che magari a noi adulti sembra poco, ma per i piccoli è invece un tempo molto lungo). Dipende sempre però dalla routine che viene creata e dal grado di piacere, oltre che di interesse, che percepisce il bambino o la bambina.
Anche uscire ogni tanto dalla routine per riscoprirne poi il valore, può risultare di grande giovamento per il pasto: inserire qualche elemento di discontinuità, qualcosa di diverso, piacevole e divertente. Ad esempio, mangiare la pizza sul divano tutti insieme il sabato sera, oppure organizzare un pic nic in salotto o in giardino… Fare insomma qualcosa di inusuale che regali benessere ad ogni componente della famiglia.
SPERIMENTAZIONE – FAMILIARIZZAZIONE
Per facilitare una buona relazione con il cibo e di conseguenza con la routine del pasto, potremmo:
Incoraggiare l’assaggio con gentilezza, senza forzare o obbligare.
Valorizzare anche il più piccolo sforzo quando vengono assaggiati cibi che fino a quel momento si rifiutavano.
Evitare di «riempire i piatti»: se i bambinə hanno ancora fame sono in grado di farcelo capire o di chiedere.
Proporre sempre piccole quantità del cibo «nuovo», che può essere anche solamente «toccato», «guardato» e «annusato».
Lasciare la libertà di sperimentare ed esplorare con tutti i cinque sensi (anche in questo caso considerando la fase evolutiva: un bambino di 10 mesi avrà un forte bisogno di “pasticciare e manipolare” il cibo, per entrarne in relazione e conoscerlo, mentre un bambino di 3 anni no, anche se in alcune situazioni potrebbe sentirne la necessità).
Se mangiano poco o evitano certi alimenti, cerchiamo di non vivere il rifiuto del cibo come un affronto personale o come una sfida nei nostri confronti. Gli studi mostrano che possono essere necessarie fino a 15 esposizioni a un alimento, ripetute e ravvicinate, affinché un bambino prenda confidenza con esso e decida di mangiarlo.
E’ un percorso di familiarizzazione con il cibo che, finché non verrà considerato come conosciuto, familiare e quindi «sicuro», non verrà consumato.
Teniamo comunque sempre in considerazione che il processo di familiarizzazione è soggettivo: ci sono bambinə che hanno molto appetito e quasi nessuna resistenza di fronte al cibo e poi ce ne sono altri che invece sono già selettivi fin da piccolissimi, mostrano inappetenza e rifiutano certe categorie di alimenti.
STILE ALIMENTARE SANO e MODELLING ADULTO
E’ fondamentale proporre una dieta varia e ricca che comprenda tutti i gruppi alimentari, anche nel rispetto di qualsiasi scelta etica o religiosa della famiglia.
Ricordiamoci inoltre quanto sia importante il movimento e l’attività fisica, per contrastare la sedentarietà. Durante tutta la fase evolutiva il corpo ha bisogno di “muoversi” per crescere sano ed equilibrato: stimoliamo i nostri bambinə a vivere esperienze corporee e fisiche all’aria aperta o a seguire qualche sport non appena avranno l’età giusta per iniziarlo.
Anche attraverso piccole esperienze che possano mostrare loro "da dove arrivano" frutta e verdura, piuttosto che altri tipi di alimenti, stimolano la curiosità e strutturano la consapevolezza di ciò che mangiamo.
E per concludere, interroghiamoci sul nostro «stare» a tavola. Se per noi in primis è un momento piacevole, pensiamo ai nostri gusti, alle nostre preferenze di adulti: essere consapevoli di noi stessi ci aiuterà molto nell’educazione dei nostri bambinə, perché siamo i loro modelli: ci osservano, ci ascoltano e in noi si rispecchiano.
Buoni pranzi, buone merende, cene, colazioni o pic-nic che siano a tutti e tutte!