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Poeta Naturale: l’espressione poetica nei bambini e nelle bambine

A cura di Dott. Fabio Artigiani, Counselor, Educatore e Formatore 

Come riuscire a far entrare un po’ di “poesia” nella relazione con i nostri bambini e le nostre bambine?

Partiamo dal presupposto che il bambino è un poeta naturale perché ha una caratteristica fondamentale per la poesia, che spesso noi adulti non abbiamo: è decondizionato.

Chi tutti i giorni ha a che fare con molti bambini per professione, sa che riescono in un acume meraviglioso, attraverso le loro espressioni verbali e non, in maniera profonda, spiazzante e spesso divertente.

La mia esperienza di genitore, poeta, counselor e formatore in scrittura creativa, mi ha portato ad avere una ricezione particolare dei messaggi poetici che il mio bambino mi mandava. Ma senza questa “ricezione particolare”, questo ascolto attivo sintonizzato sul linguaggio poetico, quelle sue perle di bellezza me le sarei perse.

È importante innanzitutto capire cosa è per noi una poesia, poi saperla riconoscere nei più piccoli, nelle loro espressioni tramite parola, suono, gesto, sguardo, saper cogliere l’humus poetico per rinforzarlo nel bambino e nella bambina.

Ed abituarli così ad utilizzare i loro pensieri ed emozioni sgorgati in una poesia naturale. Coltivare in loro la capacità di esprimerli sempre di più, in questa chiave che stimola anche creatività, fantasia, possibilità di sintesi e di indagare in profondità “il nocciolo” di ogni cosa.

Ma cos’è una poesia?

Enrico Meloni, poeta, bibliotecario e archivista ci dà nel suo blog una sintesi molto suggestiva, semplice e allo stesso tempo a mio avviso illuminante:

“A volte proviamo sentimenti, emozioni, sensazioni, illuminazioni fugaci, che non riusciamo ad esprimere attraverso un pensiero razionale. Sono troppo complessi o troppo semplici. Non li comprendiamo a pieno con la ragione, ma ci colpiscono e non vogliamo che svaniscano all’improvviso, così come sono sopraggiunti. E tuttavia non troviamo le parole adatte per comunicarli in modo diretto, logico, comprensibile, chiaro. Il rimedio che l’uomo ha trovato fin dai tempi antichi, in ogni epoca e in ogni latitudine è stato chiamato poesia. E attraverso un’operazione che possiamo definire, per intenderci, creazione artistica, l’uomo (o il poeta) riesce a manipolare, forzare l’uso convenzionale delle parole, delle frasi, della sintassi, del linguaggio verbale, nel tentativo di riuscire ad esprimere quello che sente, di comunicare un minuscolo lampo di genio, in modo limpido, denso, penetrante”.

Quello che tentano di fare bambine e bambini è proprio questo: il vocabolario a loro disposizione è giocoforza limitato, la quantità di parole per esprimersi è poca rispetto al loro mondo interiore. E allora, tentando di usare le poche parole che sanno per esprimere le loro emozioni, i loro pensieri, un “minuscolo lampo di genio”, come dice Meloni, ecco che riescono talvolta a incastrare le parole con dei concetti che apparentemente non c’entrano niente, ma che se noi adulti ci soffermiamo un po’ di più a tentare di capire, ecco che ci risultano talvolta illuminanti.

E come facciamo a “tentare di capire”, appunto, quello che loro vogliono comunicarci, quello che nasconde il loro mondo interiore? Dobbiamo “salire” al loro livello, cioè, in definitiva, mollare le nostre strutturazioni adulte, le nostre preoccupazioni, le nostre idee su come va il mondo, il nostro ruolo professionale, il nostro ruolo sociale, e tutto il bagaglio che ci serve nella vita di tutti i giorni per fermarsi a guardare in basso: curioso, per salire bisogna imparare a guardare in basso.

E la poesia è uno strumento che ci abitua, se utilizzato, proprio a far questo: a destrutturarci. La poesia è una ricerca dell’essenza. È un asciugare, è quanto di più vicino al silenzio esista del nostro linguaggio scritto.

Ma cosa è il silenzio per noi?

Nicoletta Cinotti, psicoterapeuta mindfulness e pedagogista sul suo blog scrive:

“Ci sono tante zone della vita che ci sembrano nostre. E poi altre che abbiamo paura ad abitare. Il silenzio è una di queste. Lo desideriamo quando siamo invasi dal rumore e dai suoni. Poi, quando arriva, passato il primo momento di sollievo, ne siamo quasi spaventati. È perché il silenzio non è vuoto, il silenzio è pieno delle parole non dette, delle emozioni inespresse. È pieno di quello che di noi tendiamo a non ascoltare. È per questo che evitiamo il silenzio. Però quando smettiamo di evitarlo, quando finalmente ci decidiamo ad incontrarlo, ribalta completamente la prospettiva. È solo se ci vogliamo bene che possiamo prendere uno spazio di intimità e ascoltare il nostro silenzio. Ascoltarlo quando è pieno di pensieri rumorosi e confusi, ascoltarlo quando inizia ad aprire varchi tra un pensiero e l’altro, ascoltarlo fino a che arriva, maestoso e solenne ad abitarci”.

E il silenzio rapportato ai nostri bambini? 

Maria Montessori nella sua “Lezione del silenzio” che faceva nelle scuole, scrive:

“Il silenzio nelle scuole comuni, vuol dire la “cessazione del chiasso”, l’arresto di una reazione, la negazione della scompostezza e del disordine. Mentre il silenzio può intendersi in modo positivo come uno stato “superiore” al normale ordine delle cose. Come una inibizione istantanea che costa uno sforzo, una tensione della volontà e che distacca dai rumori della vita comune quasi isolando l’anima dalle voci esteriori”.

Maria Montessori parla di “sforzo” al silenzio, una “inibizione”, cioè parole normalmente associate a qualcosa di negativo, faticoso, ma che qui si ribaltano di prospettiva, acquisiscono, grazie fondamentalmente all’insegnamento dell’autodisciplina, una capacità trasformatrice, energetica, liberatoria.

Il silenzio, come la poesia, punta all’essenziale, ci destruttura, ci avvicina alla condizione dei nostri bambini “poeti naturali”.

In quest’epoca decadente, dove il trascendere, l’ideologia, lo sforzo creativo sono terreni lasciati sempre più incolti per far spazio alla banalizzazione, alla serializzazione, all’ostentazione della quantità, alla monetizzazione, al consumismo, all’estetica, poesia e silenzio sono quanto mai indispensabili.

La ricerca della performance a tutti i costi ha ristretto il tempo che dedichiamo agli scambi affettivi tra noi e gli altri e tra noi e noi stessi: spendiamo le nostre ore alla ricerca del successo e dell’accettazione, inseguendo piaceri effimeri e compensatori che eccitano il nostro ego, lasciando a volte che esso debordi oltre i confini della salute.

Lasciamo entrare nella nostra vita un po’ di poesia e un po’ più di silenzio: riusciremo a trovare più spazio per noi stessi e a godere meglio l’essere genitori dei nostri bambini e delle nostre bambine. 

 

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