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Le emozioni dei bambini nei primi anni di vita: come viverle in famiglia

Dott.ssa Marisol Trematore e Dott.ssa Francesca Zanella – Pedagogiste e Formatrici

Cominciamo col definire CHE COS’E’ UN’EMOZIONE: un allontanamento dal normale stato di quiete dell’organismo, cui si accompagna un impulso all’azione e alcune reazioni fisiologiche interne, ognuna delle quali designa diverse risposte emotive (tristezza, gioia, rabbia ecc.)

Le emozioni come "connettori sociali"

Le emozioni sono presenti fin dalla nascita e quindi innate: sono importantissime tutte quelle forme di interazione che emergono nei primi mesi di vita e che sono delineabili come “dialoghi sociali”, caratterizzati da scambi di sguardi, sorrisi e vocalizzazioni.
Tutte le emozioni hanno la stessa importanza e non sono né positive né negative, adatte al genere femminile piuttosto che a quello maschile.

Le emozioni semplici sono quelle presenti fin dalla nascita; essenziali perché permettono la sopravvivenza dell’uomo e della specie come la gioia, la paura, la rabbia, la tristezza; mentre le emozioni complesse compaiono dopo il 2° anno di vita e sono espressione dell’emergere della consapevolezza di sé, anche definite “sociali”, come la vergogna, l’orgoglio, la colpa e la gelosia.

E’ importante per l’adulto riconoscere e accettare le proprie emozioni, perché il bambino attraverso gli occhi del genitore conosce la realtà; se la mamma o il papà sono stanchi o tristi, è utile non negarlo, bensì comunicarlo al figlio, che altrimenti potrebbe sentirsi responsabile.
Restare in contatto con sé stessi mantenendo l’autenticità, ci permette di ascoltare e di entrare in empatia con il nostro bambino.

I bambini non sanno nominare i sentimenti, perché quello che provano è un magma di emozioni; devono imparare a distinguerle, a capire che la gioia è diversa dalla rabbia, per esempio; soprattutto devono imparare a manifestare le emozioni differenziandole.
Un modo per farlo è osservarle in mamma e papà e vedere come loro si comportano; ecco perché è bene mostrare i propri sentimenti ai bambini: loro li vivono attraverso di noi e attraverso di noi imparano a gestirli. E’ inoltre fondamentale dare speranza, ad esempio usando frasi come: “Adesso mamma (papà) è triste, perché …, ma dopo una bella dormita (o dopo quello che più si avvicina a ciò che vi fa stare bene) passerà.
Per i bambini infatti, sapere che c’è una via d’uscita da un sentimento negativo è vitale, anche perché i piccoli hanno poca esperienza, quindi non sanno come affrontare certe situazioni. Dobbiamo essere noi l’esempio.

Crescere vuol dire imparare a modulare la propria emotività: modulare non significa soffocare! Se un bambino si sente ascoltato e compreso non avrà timore a esprimere le proprie emozioni e gradualmente imparerà a riconoscerle e a padroneggiarle.
Prendersi cura delle emozioni significa crescere senza ritenerle scomode o sbagliate; insegnare a un bambino a gestire le sue paure, la sua rabbia, le sue delusioni significa fargli capire che esistono limiti che il mondo pone alla realizzazione immediata dei suoi desideri; questo gli permetterà di imparare a “tollerare le frustrazioni”, a raggiungere quindi più facilmente un equilibrio relazionale con sé stesso e a sviluppare sensibilità empatica nei confronti degli altri.

Come accompagnarli in questa delicata avventura dell’emotività?
Cerchiamo di rispettare sempre l’emozione del bambino, anche se ci sembra incomprensibile ed esagerata stando attenti a non ridicolizzarla; stimoliamo le sue risorse e il fatto che le riconosca come tali: “quante paure hai già superato! Guarda che situazione difficile sei riuscito a gestire!” Esploriamo con lui diverse soluzioni e individuiamo insieme le risorse interne che può mettere in campo.
Attenzione però… lasciare che il bambino sia “libero di esprimere” le proprie emozioni non significa permettergli sempre di “fare” ciò che sente: il contenimento emotivo è fondamentale nei primi anni di vita ed è assolutamente necessario che il bambino lo percepisca e lo viva. I confini li danno i genitori, che sono le sue guide.

Facciamo ora alcuni esempi sulle reazioni che potremmo avere come genitori, di fronte a un’emozione di nostro figlio: nel caso della PAURA non obblighiamolo ad affrontarla subito e direttamente, ma rispettiamo i suoi tempi, mettiamoci a disposizione come alleati quando deciderà di confrontarsi con ciò che teme. Di fronte alla RABBIA cerchiamo di non spaventarci o di adirarci: la collera è un’emozione sana che si genera di fronte ad una frustrazione e le frustrazioni sono inevitabili; cerchiamo piuttosto insieme a lui di scoprire quali sono i giusti canali attraverso cui egli può esprimere e contenere questa emozione. Anche la GELOSIA, soprattutto quando arriva un fratellino è un’emozione assolutamente normale e determinata dall’angoscia di non essere più l’unico figlio: oltre a coinvolgerlo nella cura del fratellino, facciamogli notare le caratteristiche e l’unicità del nostro rapporto con lui, determinate dalle competenze della sua età, diverse da quelle del più piccolino. Quando cogliamo la TRISTEZZA in nostro figlio, cerchiamo di accoglierla e di accettarla, anche se vorremmo farla subito sparire; è un sentimento che lui sentirà in diversi momenti della vita ed è naturale che la viva anche da piccolo… a volte basta un abbraccio, una parola di speranza per far tornare il sorriso.

“Una buona educazione dei figli comincia dal cuore dei genitori e poi continua, nello stare vicini ai figli quando la tensione emotiva cresce, quando essi sono tristi, arrabbiati o spaventati.L’essenza dell’essere genitori consiste nell’esserci in un modo particolare, quando esserci conta davvero”
J. Gottman

 

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