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Insegnanti, Educatori

GAMBARU-Fare mentre si aspetta

Pratiche riflessive per fare spazio al pensare educativo diverso, nuovo. Prosegue il viaggio fra passato presente e futuro.

Che sapore e quale colore ha questo nostro tempo quotidiano? Chi attraversa la quotidianità della vita dei servizi educativi come sta transitando questa nuova fase dello stare in questo tempo nuovo?

Nuove sfide ed incertezze

I servizi educativi, come la scuola, sono potentemente coinvolti dalla gestione di questa nuova fase dell’emergenza legata alla pandemia. La riapertura dei servizi dopo le vacanze natalizie, in questo anno già carico di una grande complessità, ha portato una nuova mole di norme, circolari, protocolli, provvedimenti, una miriade di situazioni da valutare quasi singolarmente che rischia di impattare sulla possibilità di pensare e sostenere pensieri pedagogici.

Proprio nel tentativo di conservare e coltivare questi pensieri educativi si prova ad aggrapparsi a un fondamento del lavoro: l’osservazione. Ed è così che ci si trova in una discontinuità continua, dove ci si domanda quali azioni possiamo compiere in questo contesto. Ci si chiede com’è lo stare in un tempo del nido fatto di rapporti numerici a volte disorientanti, ma al contempo molto favorevoli. E ancora, ci interroghiamo su quali proposte fare, su come lavorare nella discontinuità e nell’esperienza educativa (perché è e deve rimanere tale anche nelle nostre menti) che stiamo facendo. Sembrano crollare le parole chiave: continuità, socializzazione, sicurezza e stabilità.

E in questo disorientamento, mi viene alla mente una sequenza del famoso romanzo di Emmanuel Carrère, Yoga: “La sai una cosa? Se tu imparassi a battere a macchina non scriveresti soltanto più veloce, scriveresti in modo diverso”. […] “Battere su una tastiera” argomentava Paul al bancone della cantina, “trasformare il tuo pensiero in parole e in frasi che batti su una tastiera e il gesto più importante della tua vita. Modificare le condizioni in cui compi questo gesto non può non avere conseguenze. Inevitabilmente cambierà qualcosa nel tuo modo di scrivere, si creeranno nuove connessioni neuronali. Sì, scriverai in modo diverso, è impossibile che tu non scriva in modo diverso”.

Tutto questo non può non avere conseguenze…inevitabilmente cambierà qualcosa. E allora mi chiedo se non sia possibile stare in questa situazione per iniziare a scrivere in un modo diverso, come direbbe Carrère, e scoprire nuovi pensieri educativi, nuove “connessioni neuronali” nel nostro pensare formativo. Per trovare stabilità nell’instabilità, per trovare continuità (magari nella cura di gesti educativi) nella discontinuità, per introdurre nuove forme di valorizzazione della sicurezza e della socializzazione. Potremmo permetterci di osservare con occhi nuovi, di so-stare con i bambini con un senso diverso del tempo, di avere cura della nostra quotidiana gestualità, rendendo armonici i tempi e i ritmi quotidiani, respirando l’essenza dell’esperienza relazionale con le bambine ed i bambini.

Si può così, gettare le basi per una trasformazione che può aprire la via a sperimentazioni, a nuove intenzionalità educative, fatte di esperienze nuove da narrare, nel processo di trasformazione così potentemente forte che esiste nel fare educazione.

Ri-prendere, ri-partire, ri-cominciare.

Significano fare di nuovo, salpare per nuove rotte, nuovi territori, nuove mete e nuovi viaggi. Imparare a transitare nell’incertezza cercando di dare un valore nuovo a quello che facciamo. Le lettere sono sempre le stesse ma cambia il modo con cui noi le assembliamo e le componiamo. Forse si apriranno anche a noi connessioni differenti se sapremo stare in questo tempo incerto con sguardo vigile e attento al nuovo; un nuovo che può essere foriero non solo di difficoltà e di fatiche, ma anche di un modo di pensare “altro” e di scrivere la nostra quotidianità.  E tutto ciò potrà accadere quando cominceremo a familiarizzare con l’idea che non torneremo come prima ma che ci sono infiniti modi possibili. Non farci dominare dallo sconforto e la nostalgia e dalla paura di imparare a battere a macchina o scrivere a computer su un touch screen, perché la storia della pedagogia ci dà le lettere, che utilizzeremo per scrivere in un modo diverso il nostro fare educazione facendoci condurre dai bambini che sono la nostra guida e la nostra “tastiera”.

Chissà cosa accadrebbe allora, anche dentro al nostro mondo emotivo di professionisti dell’educazione, se si facessero spazio a nuove narrazioni, esperienze innovative che connettano il passato dei servizi, i diritti dei bambini e delle bambine (di cui si parla molto in questi tempi, anche nei recenti orientamenti sui servizi educativi e sul sistema integrato)…il futuro che è ancora da scrivere!

Creare nuove connessioni educative per continuare a nutrirci di nuovi significati e tenere attivi pensieri, progetti, emozioni e sguardi rivolti al futuro, futuro di cui, forse, si parla troppo poco. Parole nuove: futuro e speranza per nutrire i nostri sguardi e i nostri pensieri, per uscire dalla sensazione di impotenza e di stallo che il perdurare della situazione pandemica rischia di produrre.

Perché questo presente abbia il colore della speranza e il sapore del coraggio.

“È allora gambaru 頑張る, il «mettercela tutta, l’impegnarsi», un’espressione che cela una valenza tutta positiva del «fare intanto che si aspetta», del contrastare l’impazienza impegnandosi in qualche attività. L’occasione – recita una delle frasi più celebri di Baruch Spinoza – arriva solo a colui che è ben preparato.” Laura Imai Messina

A cura della Dott.ssa Chiara Cugini, Psicologa, Psicoterapeuta e Coordinatrice di Servizi Educativi

Curiosità…sai cosa significa Gambaru 頑張る ?

Il termine giapponese va oltre la semplice traduzione di impegnarsi e dare il meglio di sé, ma affonda le sue radici nel concetto che vi sia un obiettivo comune e che, per raggiungerlo insieme, vengano messe in gioco “persistenza, tenacia, risolutezza e duro lavoro”.

Bibliografia

  • Laura Imai Messina-WA, La via giapponese all’armonia. 72 parole per capire che la felicità più vera è quella condivisa, ed. Vallardi, 2010
  • Emmanuel Carrère, Yoga, ed Adelphi, 2021, pag.289

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