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Genitori

La vita che nasce: bisogni psico-fisici del neonato nei primi giorni di vita

A cura di Dott.ssa Marina Pavesi, Pedagogista, Formatrice e Psicomotricista, Studio di Psicomotricità “La Capriola”.

QUIETATI quando sei agitata,

io sento le increspature del tuo mare.

E mi preoccupo per te.

Perché tu sei quanto

Di più prezioso io abbia al mondo.

Tu sei la mia casa,

fanne un morbido giaciglio per me.

Tu per me sei il nido del mondo,

rendilo un luogo di pace

e di silenzio cosicchè,

avvolto in te,

io mi ritrovi.

(da: L’alfabeto del bambino naturale)

Quando un bambino viene al mondo ci si preoccupa soprattutto di quelli che sono i suoi bisogni primari: il nutrimento, la regolarità gastro-intestinale, la termoregolazione, il sonno e l’igiene. E già con questi primi bisogni di tipo fisico che nasce la difficoltà di comprendere a quale bisogno sia necessario rispondere in quel particolare momento. Inizialmente infatti raccapezzarsi tra tutti questi compiti può risultare un’impresa non da poco, ma ben presto un caregiver (cioè la figura che accudisce il piccolo) attento e calmo riesce a rendersi conto che ad aiutarlo in questo difficile compito di orientamento c’è però una potentissima bussola: il dialogo tonico-emozionale!

Dialogo tonico-emozionale: di che cosa si tratta?

In psicomotricità con questo termine ci si riferisce infatti a quella primordiale e potentissima forma dialogica per mezzo della quale l’adulto e il piccolo possono capirsi senza bisogno del canale verbale, in quanto a trasmettere il messaggio comunicativo è il corpo stesso grazie alle modificazioni che si esercitano a livello del tono muscolare. Quando il bambino si irrigidisce e inizia a dimenarsi, spesso arrivando magari anche al pianto (se il messaggio non viene intercettato in tempo), ecco infatti che nel caregiver si genera uno stato di allerta corporea che si esplica nell’innalzamento del tono muscolare che consente quindi di generare una risposta motoria ancor prima che comportamentale. Se la risposta data dall’adulto è corretta a quel punto il bambino si calmerà e tornerà allo stato di quiete, e conseguentemente anche il tono muscolare del caregiver si abbasserà. Quando invece la risposta data dall’adulto al messaggio inviato dal bambino non è per lui soddisfacente il piccolo anziché calmarsi si agiterà ancora di più facendo così comprendere all’adulto che è necessario dare un altro tipo di risposta, e questa “danza” nel botta e risposta corporeo proseguirà fino a quando i bisogni del piccolo non verranno interamente soddisfatti.

Questa forma di comunicazione viene allora definita dialogo tonico-emozionale perché è un parlarsi fatto di corpo, in cui le parole sono tanto adeguate quanto più si è sintonizzati emozionalmente con l’interlocutore, succederà così magicamente che se il bambino ad esempio viene tenuto in braccio da una persona tranquilla, anche il suo tono muscolare sarà tale, il bambino percepirà quindi questo contatto dolce e morbido e a sua volta starà calmo, mentre se chi tiene il bambino è preoccupato, il suo tono muscolare risulterà teso, il bambino percepirà dunque uno spazio che contiene rigido e poco accogliente e quindi inizierà ad innervosirsi.

Come sintonizzarsi emozionalmente allora con il bambino o la bambina?

In primis è necessario porre attenzione al proprio stato emozionale: in quanto Essere Umani è normale e comprensibile che non si possa essere sempre calmi e rilassati, è perciò importante in primo luogo rendersi conto dello stato emotivo del momento e, nell’eventualità che effettivamente ci si stia sentendo agitati o nervosi, se possibile meglio chiedere aiuto a qualcuno presente più calmo di noi nel tenere il piccolo, o nel caso in cui con noi in quel momento non ci sia nessun’altro, meglio fare un bel respiro, magari anche un po’ di stretching, se ci può aiutare a sciogliere la tensione muscolare, e cercare di concentrarci su pensieri positivi e solo una volta ottenuta una ri-centratura sul nostro equilibrio interno allora possiamo pensare di occuparci in maniera serena ed efficace del bambino.

Per le neo-mamme inoltre è importante sapere che il dialogo tonico-emozionale con il proprio piccolo può essere un efficace alleato anche nell’orientarle tutte le volte che si trovano a chiedersi se quello che stanno facendo con il proprio bambino sia o meno corretto.

Solo per fare un esempio si pensi all’esperienza del co-sleeping: scegliere dove far dormire il piccolo, sempre rispettando le indicazioni di sicurezza dell’OMS, è sicuramente una scelta personale che dipende da molti fattori: alcuni legati alle caratteristiche del piccolo e altre a quelle dei genitori e dell’ambiente. Detto quindi che non esiste una soluzione che vada bene per tutti è però vero che possiamo dire che esiste una soluzione migliore di altre: la scelta più giusta sarà quella che risulta “calzare meglio” a quella particolare famiglia in quel particolare momento, per esemplificare: se per una mamma tenere il bambino nella culla attaccata al proprio letto, non consente un sonno tranquillo perché troppo allarmata dai movimenti o dai vocalizzi del piccolo, e ad ogni minimo sussulto è già pronta a scattare in piedi, svegliando anche il neonato e facendolo magari spaventare, in quella famiglia magari si può pensare di mettere la next-to-me dalla parte del letto dove dorme papà, il quale avendo magari un sonno più pesante riuscirà comunque a dormire tranquillamente, o se così non fosse si può pensare di mettere la culla del piccolo più lontana rispetto al letto dei genitori. Dunque di nuovo, una regola universalmente valida per tutti non esiste, ma che può aiutare a comprendere l’adeguatezza delle scelte fatte rispetto ai reali bisogni del bambino c’è il modo in cui lui risponde a livello corporeo, ecco quindi che sintonizzarsi con lui a livello tonico-emozionale aiuta a decifrare meglio i suoi bisogni.

E la sfera emotiva?

Finora si è però visto solo bisogni legati all’accudimento, ma bambine e bambini hanno però bisogni anche di tipo psichico che comprendono la sfera cognitiva, emotiva e relazionale.

Il neonato va quindi stimolato in modo da appagare anche questo tipo di bisogni, ma come farlo senza stressare troppo il suo sistema nervoso estremamente sensibile soprattutto nei primi mesi di vita? La risposta di nuovo è attraverso il dialogo tonico-emozionale!

Il piccolo infatti di fronte alla stimolazione sensoriale risponde in maniera corporea manifestando attraverso vocalizzi, movimenti e tensione muscolare il piacere, la curiosità e l’interesse che tali proposte gli provocano, al contempo quando le stimolazioni divengono troppo intense, lunghe o sono quantitativamente eccessive, il sistema nervoso del piccolo che è in fase di sviluppo va in stress e invia dei segnali corporei per comunicare il bisogno di una riduzione degli input. Il bambino troppo stimolato può allora irrigidirsi, arrossarsi, girare la testa dal lato opposto allo stimolo, emettere suoni gutturali come il rantolo e quando al limite della sopportazione mettersi addirittura a piangere.

Ascoltare e sintonizzarsi con la comunicazione corporea del proprio piccolo è quindi la prima e più importante strategia per orientarsi nella giusta stimolazione, fatto questo è poi bene tenere a mente che il cervello di un neonato è un organo estremamente sensibile per cui ogni stimolazione arriva molto più potentemente di quanto non succeda al cervello di un adulto quindi quando si vuol far giocare il piccolo o fargli vivere una nuova esperienza è opportuno ricordare che:

Gli stimoli vanno presentati in maniera graduale: se per esempio lo si sta cullando lo si fa oscillare delicatamente, non lo si agita mai in maniera forte o brusca;

Gli stimoli sensoriali vanno presentati uno alla volta: se gli si presenta uno stimolo acustico si aspetta un po’ prima di presentargli anche uno stimolo cinestesico, quindi ad esempio: se si sta cantando, si canto e basta senza muoverlo, solo in un secondo momento lo si muove;

I tempi attentivi di un neonato sono molto esigui quindi qualsiasi attività gli si stia proponendo se si vede che il bambino inizia ad innervosirsi questa va interrotta dolcemente e la si riprende in un secondo momento.

Inoltre poiché i bambini hanno un’ottima capacità di adattamento, fin dai primi giorni è consigliabile inserire delle piccole routine che inizialmente riguarderanno le funzioni di accudimento (es. cambiargli il pannolino sempre prima della poppata) e a mano a mano che il bambino cresce riguarderanno invece le attività di stimolazione psichica (es. mettere il bambino qualche minuto steso in posizione prona per allenare la motricità sempre poco prima della poppata, mai dopo altrimenti per l’intensità dello sforzo fisico è probabile che il piccolo rigurgiti!). Abituare i bambini a delle routine via via progressive li aiuta infatti a sviluppare la prevedibilità e al contempo pone dei riferimenti certi che consolideranno la loro sicurezza emotiva.

Bibliografia:

  • Brazelton T.B., Il bambino da 0 a 3 anni, BUR, 2017.
  • Balsamo E., D’Incalci T., L’alfabeto del bambino naturale, Il leone verde, 2016.
  • Boscaini F., Lo sviluppo psicomotorio, CISERPP Ed., 2005.
  • Camaioni L., Di Blasio P., Psicologia dello sviluppo, Il Mulino, 2007.

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